Più complesso, per ovvie ragioni, è l’approccio del non vedente alla pittura, alla fotografia e alle arti grafiche in genere.
Le cosiddette arti visive sembrano già escludere in partenza coloro che non possiedono la vista da ogni tipo di possibile fruizione e godimento. Spesso l’educazione artistica del giovane cieco si esaurisce in semplici nozioni di storia dell’arte e in qualche disegno in rilievo.
Il disegni in rilievo può essere molto utile, ma data la sua bidimensionalità e le sue limitazioni si adatta bene a riproduzioni di opere non troppo complesse o tavole propedeutiche.
Sempre più i musei d’arte (tra cui è d’obbligo ricordare l’interessante e pionieristica attività di studio e ricerca intrapresa dal Museo Tattile di Pittura Antica e Moderna Anteros di Bologna) si avvalgono invece di trasposizioni in tre dimensioni di alcune celebri opere. I dipinti vengono cioè riproposti sotto forma di bassorilievo ed è quindi possibile percepirne le forme e le composizioni con il tatto.
Nella trasposizione le opere devono essere opportunamente modificate per rispettare i principi di percezione del tatto senza snaturare l’opera stessa.
È necessario valutare il grado di leggibilità del rilievo nel rispetto delle soglie tattili tollerabili. Per questo il grado di plasticità del rilievo dipende dall’interpretazione delle qualità estetiche dell’opera tradotta e dalle esigenze di leggibilità.
La progettazione richiede un lavoro di equipe tra modellatore-scultore, storico dell’arte, tiflologo e pedagogista e nella fase di realizzazione e completamento la riproduzione deve essere testata da persone disabili della vista che hanno maturato competenza in materia.
È un lavoro dunque che sottintende un enorme grado di competenza.
D’altra parte anche la capacità di saper leggere l’opera richiede un’approfondita preparazione dell’utente. La conoscenza della rappresentazione prospettica è essenziale per comprendere la pittura assieme ai i concetti di cono visivo, visione parziale, frontale, di profilo, in scorcio.
Non è però così semplice per una persona cieca dalla nascita capire le regole proprie della visione. Occorre per loro seguire un percorso di apprendimento, attraverso un’adeguata opera di mediazione didattica, fino a maturare in maniera ottimale i concetti spaziali e immaginativo-motori. Naturalmente per affrontare un tale percorso la persona deve possedere un’intensa motivazione.
Ecco allora l’importanza della realizzazione di tavole propedeutiche nelle quali i soggetti vengano letti da diversi punti di vista e sottoposti alle variazioni di scorcio prospettico, a partire dalle scansioni di lettura tattile di una scultura a tutto tondo fino ad arrivare all’unità di misura di profondità presente nel bassorilievo prospettico.
Solo attraverso questo percorso di educazione all’immagine opere via via più complesse possono essere apprezzate dai non vedenti.
Il bassorilievo ha però dei limiti. Se è efficace nell’esprimere le forme, non lo è affatto quando si tratta di evidenziare i valori cromatici di un’opera: i colori, infatti, non possono trovare una traduzione plastica. Per cercare di comunicarne l’effetto è opportuno servirsi quindi della parola, facendo leva sull’associazione analogica ed evocando le precedenti esperienze sensoriali del non vedente.
Per le persone ipovedenti o con residuo visivo i bassorilievi possono essere dipinti, con principi di accentuazione ed enfatizzazione cromatica, per approssimare l’ipovedente alla conoscenza del colore in relazione alla forma.
Anche ingrandimenti di determinati particolari dell’opera garantiscono agli ipovedenti un ottimo supporto all’esperienza tattile e facilitano la fissazione dei significati.
Il supporto audio e la schedatura in Braille sono poi indispensabili per rafforzare la percezione aptica con cognizioni di tipo storico ed artistico.